Nonostante quello che si dice nelle piazze, per le strade e
perfinio nell'intimità delle mura domestiche: Gela non è una Città senza
speranze e terrei a sottolinearlo. Una flebbile speranza c'è, dall'inizio di quest'anno la Città è in
fermento e proprio negli ultimi mesi, complice l'estate questa fibrillazione
ha coinvolto il settore sociale, il settore culturale e perfino il settore
economico.
Mai come quest'anno ad esempio, era stata sfruttata in
maniera intelligente la parte più bella del Lungomare senza le solite barracche,
ma con delle attività con una gradevole presentabilità; con estremo piacere ho
notato nei miei concittadini un ritrovato interesse per la loro Città, ne
parlano con passione soprattutto delle possibili alternative per migliorare la
loro casa comune e con altrettanto piacere ho visto i magnifici lavori della
Cooperativa delle Arti Sceniche (ritorneranno presto con “La Bella e la Bestia”)
e le intelligenti iniziative di Triskelion (in corso DivinoMuseo).
A cosa porterà questo fermento?
Non porterà a nulla se saremo guidati dalla solite logiche
gelesi di invidie, antapatie, distinzioni in ceti e contrapposizioni per
la sola voglia di primeggiare gli uni
sugli altri.
Questo fermento sarà positivo, se e solo se, riusciremo a
combattere questa tendenza del gelese, e al contrario riuscire fare squadrà
verso un unico obiettivo liberare la Città dal guado in cui è caduta,
lasciando stare le nostre beghe interne e mettendo da parte i beceri sentimenti
che hanno condannato questa Città ad essere strumento di interessi esterni (che
ha garantito qualche vassallo locale).
La nostra Città per quando grande non è il luogo dove inizia
e si chiude l'universo, la nostra Città fa parte di un contesto territoriale
ben chiaro, ed altrettanto pacifico dovrebbe essere il ruolo da svolgere.
Gela dovrebbe essere il centro e coordinatore dello sviluppo
delle Città limitrofe, essendo disposta di tanto in tanto a cedere qualcosa,
per sviluppare la nostra predisposizione ad essere realmente una grande Città
di servizi e di utilities, per far questo basterebbe non escludere a priori che
le ambizioni personali dei singoli, debbano essere conquistate recando danno
alla Città ma avendo coscienza di riconoscere e promuovere quelle cose che
possono raggiungere entrambi gli scopi.
Nessuno pretende che qualcuno faccia la
vittima sacrificale (e le ambizioni sono tutte legittime), purtroppo però la
classe dirigente della nostra Città pensa il contrario, pensa all'incompatibilità
tra interessi personali e interessi collettivi. Se si sviluppa la Città,
infatti, la loro leadership diventa contendibile e i loro interessi
rischierebbero quindi, per questo bisogna depauperare la Città di risorse, di cultura
e di opportunità e fare terra bruciata (come i tedeschi durante il ritiro dalla Polonia, nella seconda guerra mondiale).
Meglio controllare uno stagno piccolo e chiuso, in cui le posizioni sono
bloccate e si tramandano di padre in figlio che rischiare andando in un oceano
di opportunità indebolendo lievemente la blindatura degli status e degli agi.
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