giovedì 5 giugno 2014

Dalla presenza di almeno due porti in età pre-ellenistica allo scempio compiuto dalla classe dirigente negli ultimi 30 anni. L'inutilità delle operazioni degli esperti della "pogammazione" e della "legalità e sviluppo". 

del Comitato di Quartiere di Macchitella
La Storia della Città di Gela inizia dal mare e legittima l’aspirazione , sempre viva nel cuore dei cittadini gelesi, è stata quella di possedere un porto degno di questo nome.
Nessuna delle fonti antiche ricorda il porto di Gela, ma oggi grazie a una serie di dati forniti dagli scavi archeologici e le prospezioni topografiche effettuate nel tratto di costa compreso tra la foce del fiume Gela e il Gattano, permette di ipotizzare la presenza di almeno due importanti luoghi di approdo realizzati nell’antichità .
In età arcaica l'approdo doveva trovarsi nel tratto di costa a ovest del fiume Gela, infatti, a Bosco Littorio, ai piedi della collina sulla quale era sorta l'acropoli della città greca, le ricerche archeologiche hanno riportato alla luce i resti di un insediamento abitativo con ambienti in mattoni crudi, spesso conservati fino all'imposta delle travi di copertura.
In età ellenistica, sull’ubicazione dell’approdo, abbiamo dati più certi, infatti, su un antico approdo degli antichi Geloi i Greci realizzarono una struttura muraria in blocchi di arenaria che si protende per circa 100 metri in mare, e i suoi resti sono stati individuati più a est della banchina dell'attuale "Porto Rifugio", l’approdo fu utilizzato anche dagli antichi romani che lo denominarono "Refugium Gelae" fino a tutto il Medio Evo quando la struttura fu ampliata con la costruzione sulla spiaggia di diversi magazzini e prese il nome di "Caricatoio".
Nel 1854 il governo borbonico mandò a Terranova l'ing. Colucci, per studiare un progetto per la costruzione di un porto ma la caduta del governo borbonico seppellì quell’iniziativa.
Nel 1861, la nascita dell'unità d'Italia, la città di Terranova ricevette la promessa del porto, la promessa non fu mantenuta e i terranovesi invocarono, senza successo, la ricostruzione del vecchio "Refugium Gelae".
Nel 1868 si offrì una buona occasione alla città di Terranova, nelle elezioni politiche di quell'anno si presentarono due candidati nello stesso collegio, il terranovese Di Menza - Vella e il licatese cav. De Pasquali. I cittadini di Terranova, pur avendone le possibilità, non fecero eleggere il loro candidato e persero la forza politica per fare nascere il porto locale, i licatesi, concordi e uniti, votarono per il proprio concittadino e ottennero un deputato e il porto.
Nel 1870 il Governo inviò a Terranova l'ing. Chiavazzi, che studiò il problema del costruendo porto, scartò l'idea di ripristinare il "Caricatoio" e consigliò di realizzare il progetto dell'ing. Colucci. Poi ogni cosa si disperse nei meandri della burocrazia e il progetto del porto... affondò ancora.
Nel luglio del 1884 si tornò a parlare del porto di Gela in occasione del riordinamento dei porti del Regno d’Italia.
Nel 1903 vennero a Terranova dei funzionari governativi per... scrutare con dei cannocchiali delle pietre del "Caricatoio", ma dopo qualche giorno sparirono senza far sapere i risultati dei loro studi.
Nel 1912, dopo tante petizioni in carta bollata, Roma concesse a Gela, per interessamento dell'on. Vassallo, la costruzione di un "pontile sbarcatoio" in cemento armato. Fu una situazione di ripiego, che fu accolta con un sospiro di sollievo dalla marineria gelese. Sindaco di Terranova era allora l'avv. Antonio Giurato, il progetto del pontile pare sia stato redatto dall'ing. Bruno. All'inizio, il pontile misurava la lunghezza di duecento metri, più tardi fu prolungato di altri 170 metri e dotato di due gru per le operazioni di carico e scarico. La costruzione dell'intera opera venne a costare trecentomila lire.
Nel 1920 Roma inviò a Terranova l'ing. Musumeci, che dopo avere eseguito attenti studi dei venti sulla spiaggia antistante Gela, elaborò un suo progetto per la costruzione del porto, che sarebbe dovuto sorgere sulle basi del... vecchio “Refugium” e cioè a ovest della città, con due tratti a gomito per evitare la risacca. Si ritornò a parlare del porto con tanta speranza. Dopo la partenza dell'ing. Musumeci e dopo un'attesa durata vari mesi, calò ancora una volta il silenzio sul porto rifugio.

Nel 1925, quando si fecero le ultime elezioni politiche con il "listone" fascista, il partito mussoliniano lo promise e sorsero addirittura vicino all'ex Reale Caricatoio delle rotaie sulle quali una decauville fu caricata di pietre trasportate con i camion da San Leo. Fu pronunciato il discorso d'occasione dal dott. Calandra, davanti a un folto pubblico, tanta esultanza, sparo di mortaretti, commozione generale ma dopo le elezioni si tolsero le rotaie della decauville, e ancora una volta il tanto sospirato progetto del porto naufragò in un mare di belle parole.
Nel 1950, l'on. Salvatore Aldisio, fu eletto ministro del LL.PP. realizzando il tanto vagheggiato sogno dei gelesi.
Nel 1952 fu steso dal prof. Giuseppe Strongoli di Roma il progetto del porto di Gela e la ditta appaltatrice fu l'impresa Lavori Porto Catania, che costruì i due moli principali sotto-flutto e sopra-flutto.Dopo la costruzione del porto diversi interventi ne hanno sabotato la funzionalità ed a causa di ciò la collettività ne piange le conseguenze (potete leggere la proposta per risolvere l'insabbiamento del porto di Gela).  
Del Presidente del CQM
          Ing. Domenico Messinese

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