mercoledì 4 giugno 2014

dal Comitato di Quartiere Macchitella 



Nel 1950, l'on. Salvatore Aldisio, eletto ministro del LL.PP. realizzò il tanto vagheggiato sogno dei gelesi.
Nel 1952 fu steso dal prof. Giuseppe Strongoli di Roma il progetto del porto di Gela e la ditta appaltatrice fu l'impresa Lavori Porto Catania, che costruì i due moli principali sotto-flutto e sopra-flutto.
La realizzazione del porto, un sogno inseguito dai gelesi da tanti secoli, dimostrò quasi subito la sua grande utilità, senza l'allestimento del porto rifugio a ponente non si sarebbe potuto costruire il porto industriale del complesso petrolchimico dell'Eni.
Forse qualcuno è convinto che la citta di Gela non sia degna di avere un porto e dopo meno di venticinque anni dalla sua costruzione due scellerati interventi realizzati in rapida sequenza abbiano pregiudicato la sua funzionalità rendendo, di fatto, il porto rifugio inutilizzabile.
A ovest del porto rifugio, a quasi 200 metri dalla riva, furono collocate delle barriere frangiflutto che provocarono un rapido avanzamento della costa e l’insabbiamento dei fondali esterni al porto e la formazione di un’ampia spiaggia, con relative dune, a ridosso del molo di ponente che consente al vento di spostare all’interno del porto ingenti quantità di sabbia.
Negli anni '80 fu completata l’opera di sabotaggio del porto di Gela andando a modificare l’originale conformazione del porto rifugio con il prolungamento di circa 100 metri del braccio di levante, ostacolando il deflusso delle correnti che portano le sabbie dell'avanmare deviandole all'interno del sito portuale, causando il continuo insabbiamento dei fondali.
A novembre del 1991 una mareggiata portò la Motonave da carico “New Rose” ad incagliarsi tra le barriere frangiflutto ed il molo di ponente, aggravando l’insabbiamento all’esterno e all’interno del porto e a causa di una inadeguata e incompleta bonifica del relitto si è creata una bomba ecologica pronta a versare ingenti quantità di bunker in mare dal doppio fondo arrugginito del relitto della nave.
Il porto rifugio di Gela era composto da una banchina realizzata a Nord e da un molo di ponente a difesa delle correnti e dei venti che soffiano in direzione Nord/Ovest-Nord/Est per circa 200 giorni l’anno ed aveva fondali di 4-5 metri, valori rimasti pressoché costanti sino agli interventi di “SABOTAGGIO” perpetrati negli anni 80 che hanno stravolto la dinamica del porto ed hanno pregiudicato i fondali interni ed esterni al porto riducendo, di fatto, i fondali a 1.5-2 metri massimo, con il totale insabbiamento di grandi aree dello specchio d’acqua del porto e con l'imboccatura del porto con fondali molto ridotti (meno di 2 metri) e con passaggi obbligati che compromettono la sicurezza dei natanti, anche di piccole dimensioni, che in esso trovano approdo.
Per evitare il totale insabbiamento del porto rifugio negli ultimi decenni sono stati fatti diversi interventi di dragaggio e proprio in questi giorni sono iniziati i lavori per l’ennesimo intervento.
Il vero delitto è che tutti sanno benissimo, compresa la classe politica e imprenditoriale di Gela, quali sono gli interventi da eseguire per dare nuovamente il porto agibile, ma tutti fanno finta di niente, e si trincerano dietro a discutibili progetti faraonici come la realizzazione del nuovo porto rifugio previsto nel piano regionale dei porti siciliani con investimenti previsti di oltre 60 milioni di euro, che in realtà è l’ennesima presa in giro verso il popolo gelese quando con un investimento minimo è possibile restituire immediatamente il porto rifugio ai gelesi.
Il porto Rifugio è una struttura indispensabile per la città di Gela ed è fondamentale per ospitare i mezzi di soccorso e di supporto del Porto Isola e annessa diga foranea che al momento sono ricoverati nel porto di Licata, compromettendo, di fatto, il rapido intervento in mare in caso di operazioni d’emergenze come quelle che sono state necessarie il 4 Giugno e il 14 settembre del 2013 con lo sversamento accidentale d’idrocarburi in mare.
Per quanto sopra esposto, con la consapevolezza che la competenza del porto rifugio non è del comune di Gela ma della regione siciliana, si Chiede che l’amministrazione comunale di Gela si faccia carico del disagio di un’intera comunità da troppo tempo tradita e raggirata e che finalmente prenda coscienza dei reali problemi del porto rifugio di Gela e si faccia carico di inoltrare con estrema fermezza la legittima richiesta dei cittadini gelesi sino ai massimi livelli per ottenere subito un intervento urgente finalizzato a riportare il porto di Gela alle condizioni originali, rimuovendo i frangiflutti posti a ovest del porto ed eliminando il prolungamento del molo di levante, riportando l’orientamento dell’imboccatura del porto verso levante, come tutti i porti presenti a sud della Sicilia, e soprattutto di sollecitare il recupero della bomba ecologica, costituita dal bunker intrappolato nel relitto arrugginito e corroso della Motonave New Rose, che a giugno del 2013 ha rischiato di esplodere.
Si ritiene opportuno che il materiale recuperato dall’intervento di risanamento debba essere utilizzato per prolungare il molo di ponente, andando a realizzare finalmente l’unico vero intervento di miglioramento al progetto originale del porto rifugio di Gela.

Per l’impegno finanziario si ritiene doveroso coinvolgere l’ENI, considerando che un intervento strutturale nel porto rifugio è un investimento necessario per garantire il corretto supporto logistico al porto industriale e per non rendere vane le attuali operazioni di dragaggio che l’ENI adesso sta conducendo che senza interventi strutturali nel porto rifugio sarebbe rapidamente vanificato.

Il Video dell'Intervento: https://www.youtube.com/watch?v=zIj48Czapok

Il Presidente del CQM
           Domenico Messinese

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