mercoledì 4 febbraio 2015

Pubblicato su VisionediOggi.it - 10-06-2013 - Raffineria Si e Raffineria No

La città di Gela, nel 1950 circa, ha venduto la sua anima e il suo futuro a quello che, oggi, da più parti viene considerato un "demone", un cane sputa fuoco con 6 zampe.
Il Cane ha distrutto tutto quello che preesisteva alla sua venuta: cultura, artigianato, agricoltura, turismo, qualità della vita, le testimonianze archeologiche, paesaggi naturali (dall'abusivismo indotto da uno sviluppo esogeno) e perfino corrotto gli animi e la morale della gente, facendo dei gelesi degli ignavi senza troppe ambizioni, incapaci di progettare o di fare sviluppo, attività – quella della pianificazione economica - che è stata completamente delegata alla raffineria.
La raffineria, dal suo insediamento, detta la politica economica alla Città :è lei decide i piani di investimenti; lei che decide a quali ditte assegnare i lavori; lei  decide se un certo reparto deve essere chiuso; lei che decide l'uso del porto commerciale. Tutto questo, in funzione delle sue necessità e non delle necessità della Città e dei suoi cittadini: Gela, da città a vocazione turistica è diventata una città a vocazione industriale.
I gelesi, si sono abituati a vivere dell'elemosina e non hanno nè la voglia, nè il coraggio di imporsi allo strapotere dell'industria.
In passato si è pensato che sarebbe stato più utile sfruttare ancora per qualche anno il “demonio”, ma diversamente: per fare del bene, per risarcire la Città facendo infrastrutture ed opere di sviluppo.
Ma, si può fare del bene, sfruttando qualcosa che, nonostante l'occupazione creata ha danneggiato sfavorevolmente l'ambiente?
Saper maneggiare certe “forze economiche” dovrebbe essere alla base di una società matura che esprima la  giusta classe dirigente. Sarebbe anche necessario la presenza dello Stato a fanco dei cittadini e non "sodale amico" del Cane a 6 zampe, un tempo suo principale azionista.
Se questo non bastasse, il modello di sviluppo del Cane è un modello di sviluppo con un trend in negativo. Il polo industriale non effettua più utili tramite la raffinazione, ma attraverso la vendita dell'energia elettrica all'Enel, creata bruciando quello che potrebbe definirsi un rifiuto speciale (a Gela c'è l’unico termovalorizzatore siciliano del Pet Coke).Da diecimila posti di lavoro garantiti negli anni del suo insediamento, l'azienda ne offre in città, oggi, soltanto 1.000.
C’è bisogno di un cambio strategico nel nostro sviluppo, ma la Raffineria ci fa rimanere attaccati ad un modello economico decadente. 
La polemica di questi giorni tra la Città e l’Espresso e il repentino (nonché strano) incidente del 04/06/2013 ci ha dato l’occasione di riflettere su qualcosa d’importante, è necessario cambiare pagina e aprire un nuovo dialogo fatto di pretese. Fino a quando ci sarà la Raffineria a Gela non si potrà investire sulla vocazione turistica del territorio o lo si potrà fare pagando un prezzo troppo alto; non si potrà assistere ad un risveglio culturale; non si potrà investire sull’agricoltura e non si potrà avere un Consiglio Comunale che faccia veramente gli interessi della Città. Sarebbe l’ora di ricordare all’Italia che il sito di Gela è stato determinante per le politiche energetiche nazionali, per consentire all'AGIP di esistere e così garantire alla “Nazione Italia” di avere una politica energetica indipendente rispetto alle altre potenze. Questo è il momento per risarcire la Città di Gela e le cittadine limitrofe del "sacrificio" pagato, mettendo a disposizione i fondi per la dismissione graduale e la bonifica dell'aria del petrolchimico e il finanziamento di un nuovo modello di sviluppo basato su altro forse un turismo culturale e delle utilities. Questa volta, però, devono essere i gelesi (e gli abitanti dei Comuni Limitrofi) a ideare un nuovo piano di sviluppo e non farsi imporre un qualcosa che non corrisponda alle potenzialità del loro territorio. La Città di Gela non può continuare a guardarsi l’ombelico, ha l’obbligo di uscire fuori dai suoi confini cittadini e di dare risposte anche ai Comuni Vicini che aspettano che Gela si svegli dal suo torpore.La politica locale invece, si affanna per cercare di rimanere aggrappata a questo modello di sviluppo (moribondo) che ha assicurato voti, clientele e ingenti risorse finanziarie a privati ed enti pubblici. Oggi, paghiamo un silenzio durato fin troppo.

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