venerdì 13 novembre 2015

Il tredici Ottobre, a Gela, a diversi cittadini è parso di sentire nuovamente quella orrenda puzza di “uova marce” girovagando per le strade per lavoro e per svago in special modo nei pressi del lungomare. Proprio in quei momenti,  una comune sensazione pervadeva tutti: l’ angoscia per un ritorno al passato. Fortunatamente si è trattato solo di un dejavù, o meglio, di una sensazione proveniente dal passato di oppressione e mortificazione e della paura di un ritorno.
Forse, questo nostro dejavù, è provocato anche dal dibattito cittadino sul famoso protocollo del 6 Novembre, dall’aspirazione da parte di qualcuno di un ritorno al passato e sulla concreta ignoranza, da parte di tutti, dell’effettivo stato degli impianti ENI a causa di una completa assenza di comunicazioni formali.

Abbiamo già affrontato l’argomento dell’incidenza  della Raffineria di Gela sull’economia della Città con uno studio particolareggiato supportato da Francesco Simoncelli, economista indipendente. L’analisi ha mostrato come l’impatto economico della multinazionale di San Donato Milanese fosse non solo per certi versi modesto ma a tratti negativo per l’economia cittadina.

<<L’impatto dell’Eni sull’economia gelese ammettendo, ripetiamo, che tutti i dipendenti siano gelesi e che vivano a Gela, è di 48 milioni di euro. A questo bisognerebbe aggiungere la ricchezza, in termini di utili, che ne deriva alle ditte e ai fornitori locali. Quindi 48 milioni di euro è l’economia che la Raffineria di Gela lascia sul territorio. Ma a fronte di questo beneficio, quanta economia rimane bloccata a causa del petrolchimico? Il Turismo in Sicilia, secondo i dati di Intesa San Paolo, genera 2,6 miliardi di euro creando circa 55 mila posti di lavoro. >>

Eppure perché molti insistono  su un rilancio di un’attività che crea danni all’ambiente, alla salute ed anche all’economia del territorio?
Sicuramente perché la Raffineria rende ricca una piccola minoranza organizzata e rende povera la maggioranza dei cittadini con anche la beffa di subire tutte le esternalità negative della salubrità dell’ambiente ed anche una cattiva selezione della classe dirigente cittadina. Sono noti a tutti, infatti, gli strascichi ambientali di una strada economica industriale e le potenzialità nelle strumentalizzazioni e ingerenze politiche (meglio esplicate nell’articolo di cui sopra).
Aldilà degli sforzi per un ritorno al passato, la propaganda pro-raffineria si infrange inesorabilmente sui dati economici  della Raffineria  di Gela  e sugli effetti negativi  capillari sul settore turistico, su quello agricolo e sulla competitività complessiva del nostro territorio.
Aldilà di ogni considerazione tecnica, in quest’anno di  (pseudo-) blocco della Raffineria, noi gelesi ci siamo ri-abituati a vedere il cielo azzurro e persino a sentireil profumo del mare; all’idea di non dover più convivere con quel fetore di “uova marce”, conseguenza ineluttabile dell’essere gelese a cui ci si piega dalla nascita. E’ veramente bello poter respirare un’aria priva di fumi e potersi godere un mare che pian piano riacquista il suo colore azzurro ed è bella anche solo l’idea che questo possa accadere davvero.
Eppure c’è qualcuno che vorrebbe interrompere  questo inizio, che vuole tornare indietro! Infatti, la “classe dirigente” di questa Città  continua a insistere a un ritorno ai vecchi metodi di sviluppo  e lo fa vestendo il passato con abiti nuovi e lanciando la propaganda della “Raffineria eco-sostenibile”.

La nuova raffineria  viene definita  dalla propaganda talvolta “green” ed altre volte  “bio”. Ha inizio il gioco sporco e la truffa delle parole per un ritorno ad un passato fatto di maleodore, distruzione dell’ambiente e danni alla salute. I Cittadini gelesi sono stanchi del passato e la “classe dirigente” della Città non vuol vedere che Gela, nell’assenza quasi totale di aiuti istituzionali e in un contesto di grave crisi economica , si sta già reinventando in altri settori: grandi marchi internazionali del franchising sulla Via Venezia, investimenti su lidi sulla costa, presenza di aggregazioni come i centri commerciali naturale, investimenti nel settore agricolo (in particolare della coltivazione dell’Aloe Vera).
Chi ha paura di questo cambiamento?
Sicuramente non i cittadini gelesi e lo hanno dimostrato nell’ultimo anno con diverse decisioni nette come il passaggio al libero consorzio di Catania e la sonora bocciatura del PD locale alle amministrative 2015, chiari sintomi di coraggio e voglia di rinascita.
La nuova amministrazione, frutto della voglia di cambiamento, ha il dovere di farsi interprete e portavoce di questa volontà popolare di svolta. La quasi totalità della Città vuole vivere in un’ambiente salubre, vuole investire sul turismo.  Si aspetta e pretende l’immediato disassemblaggio della Raffineria di Gela con le correlative bonifiche territoriali, tutte quelle misure compensative serie quali la costruzione di infrastrutture (porto, ferrovie e vie di collegamento con gli aeroporti più vicini) e piani fiscali agevolati per poter investire sul proprio territorio le proprie risorse private.
E’ di tutta evidenza che il famoso motto gelese  <<meglio morire di cancro che non di fame >> , risalente alle proteste per i blocchi degli impianti del 2001, ha dovuto cedere il passo ad una filosofia di rinascita senza ricatto.  Oggi i gelesi aspirano a vivere per stare bene e godersi le bellezze naturali del proprio territorio. Non accettano più di stare nella valle di Mordor per amor di lavorare e si fanno guardiani attenti del futuro dei loro figli.
E’ con questa nuova Gela che la propaganda del nuovo dovrà fare i conti nel suo tentativo di ritornare al passato!


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